Monte Verità — La Conservazione Fedele
Terza parte del testo critico di Tiziano Boccacini per la pubblicazione grafica “La Senti l’Eco?” a cura di Sophie Cielo.
Indagini
Oltre una certa soglia le indagini su un fatto storico ben documentato tendono a esaurirsi; al contrario, l’approfondimento di Monte Verità può portare a un’analisi interminabile. Un movimento che ha un orientamento ideologico e degli scopi ben definiti, come un partito politico, ad un certo punto smette di crescere e viene a situarsi nel passato. A meno che si coltivi un “culto di adorazione” per un aspetto particolare del movimento (ad es. un suo leader) o ci siano delle controversie ancora vive, gradualmente si riduce il fermento attorno ad esso e le ricerche raggiungono un punto fermo. Un fenomeno rigidamente polarizzato rimane anche esposto, nel tempo, a pregiudizi e critiche di parte, soprattutto dagli avversari, che lo denigrano attraverso filtri etichettanti. Inoltre, nel caso di fatti che hanno una valenza ideologica forte, si sviluppa regolarmente attorno ad essi una linea di pensiero apologetica, compatta e generalizzante, che tende poi a ripetersi monotonamente, soffocando la curiosità verso i potenziali approfondimenti. Diversamente, quando si parla di un episodio storico come Monte Verità, caratterizzato da connotati misti e di difficile interpretazione, risulta complesso formulare un giudizio oggettivo e univoco. Monte Verità è stato un esperimento che, indirettamente, ha avuto risvolti per l’intera umanità, per lo meno durante il XX secolo. Vista la sua dimensione geografica concentrata, si potrebbe presumere che una grande mostra e qualche decina di volumi bastino a inquadrare definitivamente Monte Verità. Tuttavia, sul piano degli studi umanistici (soprattutto sociologico, antropologico e religioso), pochissimi oggi possono credere di aver finalmente acquisito e fissato una completa conoscenza del fenomeno.
Domande
Sarebbe interessante domandare ai visitatori attenti del museo o ai lettori dei volumi dedicati a Monte Verità (per escludere chi non ha mai indagato a fondo le testimonianze storiche) se ritengano che l’attuale Fondazione abbia mantenuto almeno un po’ di quell’atmosfera che rendeva unica la colonia nella sua autenticità. Quali restauri e premure architettoniche sono state adottate per mostrare ai visitatori il volto originario di Monte Verità? Oltre alle certezze acquisite dagli archivi, cosa si poteva fare e cosa è stato fatto per mantenere vivo il mistero e porsi nuove domande esistenziali sul rapporto tra vita borghese e ritiro di purificazione? La gestione degli spazi, nei passaggi di proprietà, ha seguito un filo conservativo, o si è interrotta la continuità? E quando sarebbe accaduto? È stato irrimediabile? Cosa è cambiato di preciso dal momento dell’acquisto di von der Heydt e dopo la sua morte, nel 1964? Volendo mantenere attiva la vocazione dei primi coloni sarebbe stata opportuna una direzione di Monte Verità sotto l’influsso di esperti di filosofia esoterica, occultismo, cure alternative o arti avanguardiste e misticheggianti, piuttosto che accettare il supporto finanziario del Politecnico di Zurigo, volto al progresso scientifico e di valori poco anarchici. Un esponente dello spiritualismo contemporaneo potrebbe esprimersi proprio con quest’ultima osservazione. Ma chi ha detto che Monte Verità non fosse destinato a perseguire la ricerca del vero anche attraverso la cultura e la scienza? Noi qui non ci assumiamo l’arduo compito di immaginare delle risposte.
Turismo
Se volessimo confrontare due periodi della storia di Monte Verità, potremmo scinderla in base al 1964. Per valutare il pre e il post ’64, prendiamo in analisi il turismo. Che ne è oggi dei visitatori di Monte Verità? Li si potrebbe includere in quell’umanità delle frequentazioni iniziali, che anelava al cambiamento, con una rinnovata vitalità? Per fare una comparazione efficace, si potrebbe anche considerare il cambio di gestione successivo all’acquisizione da parte del cantone. Nel 1989, infatti, nasceva l’attuale Fondazione Monte Verità, associata al Politecnico Federale di Zurigo con il centro CSF, Congressi Stefano Franscini. Già con il Barone c’era stato un grosso miglioramento per rispondere alle esigenze degli avventori ben paganti, egli ha investito molto sull’ospitalità, ridimensionato le regole più radicali, allentato il focus sulla “prerogativa mistica” e aumentando il livello di comodità. Il suo grande senso pratico non solo ha salvato Monte Verità dalla bancarotta, ma ne ha preservato, a suo modo, l’architettura, contribuendo al suo sviluppo edilizio, erano gli anni del Bauhaus. Cessando di essere quel che era, Monte Verità ha espanso il suo pubblico, iniziando a ospitare anche i meno inclini a seguire dettami rigidi riguardo al pudore, al cibo, alla sessualità, nonché alle ideologie politiche. Ma di turisti veri e propri, da quando se ne può parlare? Bisognerebbe trovarsi d’accordo sulla definizione di “Turismo”.
Arte
Harald Szeemann è stato il più significativo interprete del panorama artistico e storico di Monte Verità, capace di dare una forma coerente ai suoi elementi distintivi, elaborando una critica che rispondesse ai canoni probabilmente più adatti ad ottenere una visione d’insieme. Non è stato semplice orientarsi tra una quantità di materiali disomogenei, spesso privi di una chiara attribuzione o di una specifica intenzione espressiva. Tuttavia, Szeemann è riuscito a impostare una narrazione che includesse armonicamente le tracce significative di un complesso intreccio di idee, fatti. La mostra itinerante, Monte Verità. Le mammelle della verità, inaugurata nel 1978, ha attraversato diverse città europee, suscitando l’interesse di molti visitatori a Zurigo, Monaco di Baviera, Berlino, Vienna, Ascona, Brissago, fino a trovare una sede definitiva, nel 2017, a Casa Anatta. Casa Anatta è forse l’architettura più importante del complesso museale sulla collina; qui, la mostra di Szeemann, è diventata l’esposizione permanente sui trascorsi di Monte Verità.
Hippy
A Monte Verità rallenta l’entusiasmo per la dimensione comunitaria, naturista e spirituale a partire dalla fine degli anni ’20. La crisi della Grande Guerra aveva allontanato i membri originari, alcuni rimpatriavano, altri partivano per nuove mete. Subentrò un periodo in cui prevalevano gli approcci artistici su quelli terapici. Viene attirato il collezionista d’arte universale Barone von der Heydt, che si dedicherà al Monte definitivamente, trasferendo il suo domicilio al comune d’Ascona e diventando proprietario delle case e dei terreni sulla collina di Monescia. Curiosamente, l’anno dalla morte di von der Heydt, che ha lasciato in eredità l’intera area al Cantone, è segnato, sul piano storico, dall’avvento dei figli dei fiori. Beat generation e movimento hippie furono da molti associati alle intenzioni originarie dei nostri, in quanto rappresentanti svizzeri della lebensreform. La gestione cantonale di Monte Verità ha preferito accostarsi o distinguersi dalle potenziali somiglianze con quella controcultura di massa? Monte Verità, con la sua storia, avrebbe potuto essere un luogo di ritrovo per giovani Hippy da tutto il mondo. Ma questo non è accaduto. Il movimento della colonia vegetabiliana ha vissuto i suoi ideali in maniera estremamente localizzata, rispetto ad un maggiore riconoscimento esterno auspicato da alcuni. Delicata e profonda la natura della colonia vegetabiliana d’inizio secolo, concentrata in un territorio ben definito. Forse anche diversi i presupposti, rispetto alla celebrazione internazionale di un facile misticismo, che il giovane hippie, stereotipato, annunziava così: <<Fai le tue cose, ovunque devi farle e ogni volta che vuoi. Ritirati. Lascia la società esattamente come l’hai conosciuta. Lascia tutto. Fai sballare qualsiasi persona normale con cui vieni in contatto. Fagli scoprire, se non la droga, almeno la bellezza, l’amore, l’onestà, il divertimento.>>
Libertà
Monte Verità è stata una fucina di molte idee riformatrici; si sono seminate tendenze relative al concetto novecentesco di libertà, applicabili sia alla sfera sociale che individuale. Grazie a Freud e Jung la diffusione della psicanalisi ha poi riempito volumi, cattedre e cliniche, talvolta intersecandosi alla politica. La nuova terapia è penetrata ovunque, anche nell’inconscio collettivo! Diventando popolare per una certa borghesia e avvicinandosi ai più disparati gruppi giovanili, la psicanalisi ha voluto aiutare le famiglie, strutturalmente in difficoltà. Come si sarebbero espressi i vulnerabili e geniali Otto Gross e Lotte Hattemer in merito agli anni sessanta? È possibile continuare a far riflettere i visitatori di Monte Verità sul fatto che le intenzioni dei singoli monteveritani non si possono equiparare né tra loro né ridurre alla similitudine con un movimento internazionale di massa, radicale e fondamentalista, che rifiuta tutte le istituzioni, compresa la religione? Purtroppo, mentre il luogo in sé è stato preservato, i tempi e le atmosfere non si potevano ibernare. È facile che il trascorso degli anni sessanta, come in generale della seconda metà del ventesimo secolo, non permetta di proteggere definitamente la peculiarità di questa comune, che nacque immersa in un clima storico antecedente alla Prima Guerra. A colpo d’occhio è vero, sentendo parlare di Monte Verità si potrebbero confondere squarci dei tratti tipici della controcultura giovanile post Seconda Guerra. Il corpo nudo del balabiott è sempre lo stesso, ma, immancabilmente, non i tempi; la percezione muta.